Non sono tipo da orecchini
breve racconto dedicato a tutte le mamme, ma proprio a tutte!
Ersilia si svegliò con un po’ di malinconia. Si alzò e si diresse verso la finestra. Il sole brillava nel cielo: “Un evento straordinario”, pensò la donna, dato che erano trascorse intere settimane di pioggia, nonostante la primavera, come indicava il calendario, fosse già arrivata.
“Devo vincere la pigrizia e uscire, godere di questa meravigliosa giornata primaverile”, rimuginò fra sé Ersilia. “Andrò a comprare qualche fiore da mettere sul ballatoio”.
Ersilia viveva alla periferia di Milano, in una casa di ringhiera ristrutturata. Quelle case dal forte carattere, adatte a ospitare artisti, personaggi un po’ strani, geni creativi che amano la storia, l’arte, le cose antiche e vintage, tipi anche un po’ “fuori di testa”. Ersilia concentrava in sé, anche se con discreto equilibrio, tutte queste caratteristiche.
Doccia, colazione, lettura delle mail. Nulla che non potesse rimandare. Ersilia tornò in camera da letto e aprì l’armadio per decidere cosa indossare. La sua attenzione fu catturata da una piccola scatola ovale, ricoperta di tessuto color crema con delle piccole impunture della stessa tonalità. Quella piccola scatola doveva essere lì da mesi, ma la donna la notò solo ora e decise di aprirla.
Il suo contenuto le era ben noto. Con un po’ di agitazione sollevò il coperchio e iniziò a tirare fuori i minuscoli oggetti posti all’interno.
Si trattava di piccoli gioielli, non economicamente preziosi, ma di un valore immenso dal punto di vista affettivo.
Un paio di orecchini in argento con piccole pietre turchesi catturò la sua attenzione. Li aveva regalati il babbo alla mamma, tantissimi anni fa, ricordò Ersilia. Li aveva comprati per una festa della mamma a nome suo e del fratello Marco, quando erano piccoli e vivevano ancora a Firenze. Erano usciti con l’idea di comprare dei fiori, ma poi in una bancarella lungo Ponte Vecchio avevano acquistato quegli orecchini.
Di gusto etnico, gli orecchini erano costituiti da una base di argento di forma “orientaleggiante” divisa in tre sezioni, all’interno delle quali erano incastonate piccole pietre di turchese. A uno dei due orecchini mancava il gancio.
Ersilia prese delle piccole pinze, recuperò un gancio da un altro orecchino rimasto orfano e lo sistemò sull’orecchino con i turchesi.
Scelse i jeans e una maglietta intonata e indossò gli orecchini.
Ciao Tesoro”, disse la madre, comparendo sulla porta della camera. “Ti stanno proprio bene. Risaltano davvero con la tua carnagione. Direi che si addicono più a te che a me. Io li ho indossati spesso perché erano un vosto regalo, ma gli orecchini non sono proprio il mio genere”, continuò l’anziana signora.
Ersilia sobbalzò un istante, e dopo un attimo di stupore rispose: “Già mamma, me ne ero accorta, ma al babbo e a Marco ho preferito non dire mai niente. “Li hanno scelti loro dopo una lunga discussione su quale pietra ti sarebbe piaciuta di più. Anche se ero solo una bimba”, continuò Ersilia ricordando l’episodio, “avevo notato che il turchese non era tra i tuoi colori preferiti. Non avevi nulla di quel colore.
“Ti confesso”, continuò la madre, “che non era tanto per il colore, anche se non l’ho mai detto a tuo padre, gli orecchini non sono mai stati tra i miei monili preferiti. Ad ogni modo, sono contenta che li abbia tu e che tu li voglia indossare. Ti stanno davvero bene”.
Ersilia si guardò nuovamente allo specchio. Non dimostrava assolutamente la sua età, anche se quella mattina i suoi 50 anni li sentiva tutti. Si asciugò una malinconica lacrima dal viso e finì di truccarsi, prese la borsa e uscì. Una volta in strada, decise che avrebbe fatto due passi. Il sole scaldava il viso e il cuore. Avrebbe raggiunto il fioraio a piedi.
Prese il cellulare tra le mani, compose un numero e attese che dall’altra parte arrivasse la risposta: “Pronto? Ciao babbo”, anticipò Ersilia, e con una voce triste continuò: “Sai cosa mi è successo questa mattina?”. Naturalmente il padre non poteva certo saperlo, dal momento che lui viveva ancora a Firenze.
Ersilia continuò: “Ho trovato quegli orecchini di turchese che avevamo regalato alla mamma, quando Marco ed io eravamo piccoli, ricordi? Quelli che avevamo acquistato a Ponte Vecchio, in occasione di una Festa della Mamma? Babbo”, disse continuando velocemente, “li ho indossati e … ho visto la mamma, ci ho parlato, era lì sulla porta della mia camera e … sto diventando pazza?”, disse scoppiando a piangere!
Si fece coraggio e continuò il racconto: “E’ stato come se indossando quegli orecchini, mamma si fosse materializzata. L’ho vista bene, ci ho parlato, era serena. Si, direi che era proprio serena”. La voce di Ersilia si tranquillizzò e perse quel tono di leggera angoscia che aveva avuto fino a quel momento del racconto.
“Certo che mamma è serena!”, replicò il padre. “Stai tranquilla, figlia mia! La mamma era una donna solare e semplice, e credimi, nonostante tutto, ha avuto una vita serena. “Lei”, continuò l’anziano, “aveva la capacità di affrontare i più grandi drammi con forza, dignità e grande ironia. Proprio come te”!
“Non stai diventando pazza”, la tranquillizzò il padre dall’altro capo del telefono. “Sono passati pochi mesi dalla sua scomparsa e anche a me, quando sono solo, capita di immaginarla, di parlarle e talvolta, senza rendermene conto, di litigarci. Sai quando? Quando non trovo le cose dove penso di averle riposte. Così come quando la mamma le spostava per mettere ordine”.
“Stai serena anche tu, Ersilia”, concluse il padre. “Mamma sarà sempre con noi, la portiamo dentro, nei nostri ricordi, nei gesti, nelle ricette che abbiamo imparato a cucinare da lei, nelle frasi che ci ripetiamo e che erano suoi cavalli di battaglia e, come è capitato a te, indossando i suoi orecchini turchesi.
“A proposito, figlia mia, ti confesso che a lei non credo piacessero molto, forse li indossava perché erano un nostro regalo, ma mamma”, concluse il padre: “non era tipo da orecchini”.
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